Lo stupro di gruppo sulle due cuginette, undici e tredici anni, perpetrato nel contesto del quartiere parco Verde di Caivano, vede quindici giovani sospettati già identificati, tra cui anche figli di influenti leader delle piazze di spaccio locali. L’indagine ha rivelato un’atmosfera di minacce e abusi persistenti, che ha costretto le vittime a subire mesi di violenza sessuale. Le ragazzine, provenienti da famiglie “difficili”, sarebbero state costrette a subire violenze per mesi. I sospettati le avvicinavano con minacce e schiaffi, costringendole a subire atti sessuali contro la loro volontà, temendo ritorsioni se avessero parlato. La presenza di “borghesia delle piazze di spaccio”, giovani apparentemente agiati che si distinguevano per l’abbigliamento firmato e il denaro, faceva sì che queste giovani vittime fossero ancora più vulnerabili. L’indagine, coordinata dalla Procura dei minori e da quella di Napoli Nord, ha portato all’identificazione dei sospetti, inclusi i figli dei potenti capi delle piazze di spaccio locali. Una decina di cellulari sono stati sequestrati come prova. I sospettati avevano il crudele “vezzo” di registrare le violenze in video, propagandandoli attraverso chat con commenti disgustosi.
La svolta nell’indagine è stata la scoperta di uno di questi video sul telefonino del fratello di una delle vittime. Le famiglie delle ragazzine si sono rivolte ai carabinieri locali, dando il via all’indagine. Le vittime sono ascoltate in un ambiente protetto, creato per offrire loro un luogo sicuro per raccontare le loro esperienze. L’azione legale ha portato all’identificazione dei sospettati e al sequestro dei cellulari. Le due cugine sarebbero state violentate da un branco di coetanei dentro a un edificio abbandonato «tra il mese di giugno e luglio», come affermato dal legale delle due giovani, l’avvocato Angelo Pisani. La denuncia presentata ai carabinieri di Caivano qualche settimana più tardi riferirebbe di «abusi ripetuti da parte di un branco di ragazzi» fra i 14 e i 18 anni e che sarebbero stati accertati dalle visite mediche a cui le giovani si sono sottoposte. A scoprire l’accaduto è stato il fratello di una delle due vittime. «Gli sono arrivati dei messaggi sul telefono», spiega ancora il legale. Il ragazzo ha subito avvertito i genitori. Da lì la decisione di rivolgersi alla forze dell’ordine. Le 13enni sarebbero state attirate con l’inganno dentro al Delphinia Sporting Club, un centro sportivo abbandonato all’interno del quartiere riempito solo di detriti, materassi, scritte e svastiche sui muri. Autori della trappola un gruppo di 6 adolescenti che le avrebbero attirate con una scusa. Procura per i minorenni e militari dell’Arma stanno analizzando smartphone sequestrati e profili social a caccia di indizi e tracce digitali di quanto accaduto. Il Tribunale per i minori nel frattempo ha emesso un provvedimento per allontanare le due cugine “dall’ambiente territoriale”, spiega Pisani, collocandole in una struttura protetta. Non è escluso che la famiglia possa decidere di abbandonare a sua volta il quartiere. «I genitori hanno denunciato subito il gravissimo crimine per affidarsi alla magistratura e alle forze dell’ordine, sono in attesa di provvedimenti e sono pronti ad allontanarsi da quel contesto per proteggere gli altri familiari», continua Pisani. Riferimento nemmeno troppo velato al fratello di una delle vittime che ha rotto il muro di omertà su una violenza sessuale che, passando di bocca in bocca, cominciava a circolare per il Parco Verde. «Spero che non succeda una sorta di guerra civile – commenta don Maurizio Patriciello, il parroco del Parco Verde di Caivano – perché adesso ognuno cercherà di difendere il proprio bambino incolpando l’altro». Per il prete le colpe di “questo scempio” sono da «addebitare agli adulti». I bambini «qui crescono molto in fretta – prosegue – la strada li fa diventare uomini prima, ma uomini distorti. Dobbiamo essere più attenti quando una bambina torna a casa la sera o da scuola perché certe cose lasciano il segno». Sulla vicenda è intervenuta anche Eugenia Carfora, storica dirigente scolastica e ‘simbolo’ di legalità al Parco Verde (premiata nel 2020 come miglior dirigente scolastica da ‘You Edu Action’). «La denuncia è l’unica cosa che mi conforta nello squallore», afferma. Perché «un fratello che va a denunciare quello che è successo alla sorella non è così usuale in un luogo in cui quando ci sono gli incidenti stradali la gente scende dai palazzi a coprire le targhe con le lenzuola». «Dobbiamo enfatizzare – prosegue la preside che da anni conduce una battaglia per convincere insegnanti ed educatori a venire a lavorare nelle scuole del Parco Verde – il ruolo del fratello coraggioso perché le cose possono cambiare e si può riuscire a combattere l’indifferenza, gli occhi abbassati, i genitori che non hanno la forza di ribellarsi». «L’Italia – conclude Carfora – sta diventando un grande Parco Verde dell’indifferenza a furia di non far sentire le voci di chi si ribella e quelle di chi vuole popolare questi luoghi di lavoro e di speranza».