La tradizione musicale napoletana si colloca tra le più antiche d’Italia, risalendo al tredicesimo secolo, con la nascita dell’Università partenopea istituita da Federico II di Svevia. Al tempo la poesia venne unita alle invocazioni corali delle massaie rivolte al sole. Nel sedicesimo secolo nacque un’altra forma di musica che renderà la tradizione napoletana celebre nel mondo: la Villanella. La parola deriva dal latino medievale, “villanus”, che significa “abitante delle campagne”. Questo nome è dovuto all’iniziale connotazione pastorale che questo tipo di componimento possedeva. La struttura era simile a un madrigale: binaria, con un’omofonia a tre voci, e un intervallo che oscillava tra la terza e la quinta. La Villanella si diffuse in varie corti d’Europa, e la lingua napoletana oltrepassò i confini della penisola italiana. Era una musica di stampo popolare, ma la sua particolarità coinvolse anche i nobili delle corti.
Infine, nel Settecento nasce la tarantella, ancora oggi conosciuta e suonata. In realtà, alcuni racconti popolari collocano la nascita della tarantella in epoca greca: venne ideata per celebrare Dioniso e i culti orgiastici. Per questo motivo essa sarebbe, poi, stata censurata dalla chiesa cattolica, e divenne simbolo di ribellione. Nel Settecento invece anche la chiesa cattolica accoglie questa tradizione, che diventa un vero e proprio simbolo della tradizione napoletana e viene ballata durante le occasioni festive. Vengono utilizzati appositi strumenti, i più tipici sono le nacchere e il tamburello. Il ballo viene svolto in coppia e i ballerini indossano vestiti bianchi, rossi e neri. Oggi, nel territorio locale viene chiamata anche “tammurriata”, e ogni anno, nel mese di settembre, si celebra la Festa della Tammorra.