Domina la pacatezza tra i candidati alla vicepresidenza Walz e Vance

Per chi si aspettava un vero e proprio duello “all’ultimo sangue “è rimasto senz’altro deluso dal tenore del confronto tra i due candidati alla vicepresidenza degli Stati Uniti, Tim Walz per il Partito Democratico e JD Vance per il Partito Repubblicano.

Un dibattito civile nel quale né il governatore della Pennsylvania né tanto meno il senatore repubblicano Vance sono ricorsi ad attacchi o a offese personali per sostenere le proprie rispettive posizioni. un confronto civile, dunque, che ha dimostrato all’elettorato statunitense qualcosa di estremamente diverso rispetto a quanto suscitato, qualche settimana fa, dall’acceso dibattito tra i due candidati alla presidenza. Vale a dire che anche in una battaglia particolarmente serrata come questa corsa alla carica presidenziale, si possono sostenere posizioni diametralmente opposte senza sfociare nella rissa e nella sistematica offesa personale.  Un clima di estrema cordialità dove addirittura non sono mancati momenti di autentico fairplay e di reciproca solidarietà.

Posizioni diametralmente opposte

Anche se in un clima di sostanziale pacatezza i due contendenti non si sono risparmiati nel dare forza alla propria visione politica su tutte le tematiche più importanti, percorse e ripercorse durante l’intera competizione elettorale. Visioni diametralmente opposte e inconciliabili che confermano, ancora una volta, il carattere divisivo in cui è piombato il dibattito politico negli States. Dall’emergenza migranti all’economia, dalla diffusione delle armi alle trivellazioni petrolifere, dal diritto all’aborto al cambiamento climatico ogni singola tematica è materia di contrapposizione che pone l’elettorato dinanzi alla scelta tra due idee di nazione alternative e inconciliabili.

I toni pacati quindi non hanno escluso che le differenze emergessero in maniera evidente facendo incalzare, a più riprese, Walz nell’attaccare Donald Trump, definito una “persona di quasi ottant’anni che parla delle dimensioni delle folle ai suoi comizi e che non è la persona giusta in questo momento”, e portando lo stesso Vance ad accusare Kamala Harris di “aver lasciato muoversi liberamente i cartelli messicani della droga”. Toni pacati più nei modi che nei contenuti, quindi.

L’insofferenza di Trump

C’è chi giura che il primo insoddisfatto del dibattito sia stato proprio Donald Trump, il quale con ogni probabilità si era prefigurato qualcosa di più animato e serrato. Oltre alle solite critiche sulla faziosità di chi era chiamato al ruolo di moderatore del dibattito, sembra che al Tycon siano andati di traverso i toni edulcorati della discussione. Del resto dei quattro protagonisti di queste presidenziali il solo Trump sembra stabilmente ancorato ai toni violenti della sfida dove la rissa verbale e lo scendere sul piano dell’offesa personale rimangono tra le opzioni più probabili. Un’insofferenza che secondo alcuni spingerà Trump ad accettare un nuovo confronto televisivo con la Harris proprio per mettere un grosso punto esclamativo mediatico sull’intera campagna elettorale. Un eventuale dibattito che a poche settimane dal voto promette di essere ben più decisivo di quello di martedì.

Chi ha vinto?

Una domanda non proprio semplice a cui dare una risposta dotata di un sufficiente grado di certezza. Innanzitutto, l’opinione generale è che il dibattito di martedì abbia una rilevanza davvero minima sotto il profilo dello spostamento dei voti. Sostanzialmente, quindi, le cose restano invariate così come i rapporti di forza tra i due candidati, soprattutto, negli stati più decisivi. Dunque, nessun sconvolgimento come era facilmente prevedibile alla vigilia, anche se non sono mancate analisi e disamine approfondite sul dibattito. Una delle quali, riportata dalla CNN che ritiene, dopo il confronto televisivo, una leggera crescita delle probabilità di vittoria di Trump.

Quindi una vittoria con scarto minimo di Vance su Walz, probabilmente dovuta anche ad una maggiore spigliatezza del senatore repubblicano davanti alle telecamere ingigantita dall’iniziale timidezza del suo rivale democratico, palesemente meno a suo agio sotto i riflettori.

In ultima analisi proprio la pacatezza di Vance, tanto osteggiata da Trump, ha sortito l’effetto più positivo di questo dibattito, che è stato quello di tranquillizzare la parte, per niente minoritaria, dell’elettorato repubblicano che mal si identifica nella veemenza dei modi di Trump.

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