I due colossi costretti a pagare una multa di 10 milioni di euro per le modalità di acquisizione dei dati degli utenti.
Apple e Google fanno il bis e non si tratta di niente di positivo per entrambe che vengono, infatti, per la seconda volta consecutiva sanzionate in maniera pesantissima dall’Antitrust. A chiusura di due distinte istruttorie, infatti, l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, ritenendo entrambe le società responsabili di due specifiche violazioni al Codice del Commercio le ha sanzionate, nella misura massima prevista per le fattispecie di violazioni addebitate, al pagamento di una multa di 10 milioni di euro
Fatto salvo il ricorso già preannunciato, le violazioni condannate dall’Antitrust sono relative alle carenze informative e alla pratiche aggressive poste in essere dalle due compagnie nell’acquisizione e nell’utilizzo dei dati dei consumatori per finalità commerciali.
Oggetto del reato i dati sensibili dei consumatori.
Ancora una volta oggetto della condotta sanzionata sono i dati sensibili di migliaia di consumatori che rappresentano una vera miniera d’oro sia per Apple che per Google che proprio su di essi fondono la loro attività, massimizzandone gli utili attraverso la profilazione degli utenti, vale a dire attraverso la raccolta dei dati inerenti agli utenti. Questa volta non si tratta, come in altre occasioni, della cessione dei dati a terzi ma di forzature e di anomalie relative al processo di acquisizione e della sostanziale carenza di informazioni ritenute necessarie intorno alle stesse modalità acquisizione. In sostanza l’Autorità ha ritenuto sia Google che Apple responsabili per l’omissione di informazioni chiare e immediate sull’acquisizione e sull’uso dei dati raccolti per finalità commerciali, le cui procedure di acquisizione vengono ritenute, poi, anche espressione di una politica aggressiva.
Violazione 1: omesse informazioni rilevanti
Sia Google che Apple con questa nuova sanzione hanno svariati motivi per riflettere sulla liceità e sulla correttezza delle procedure utilizzate per l’attivazione degli account, indispensabile per accedere ai loro servizi e sull’omissione delle necessarie informazioni. In particolare per quanto attiene a Google né nella fase di creazione dell’account né in quella successiva di fruizione dei servizi vengono fornite informazioni rilevanti ritenute indispensabili per consentire ad ogni consumatore di decidere consapevolmente se accettare o meno l’utilizzo dei dati personali. Stesso discorso per quanto riguarda Apple accusata della stessa identica omissione sia in fase di creazione dell’ID sia in quella di accesso agli store del brand come App Store, iTunes e Apple Book dove non si forniscono informazioni adeguate limitandosi a giustificare la raccolta dei dati come strumento di miglioramento della fruizione dei servizi offerti.
Violazione 2 : politica aggressiva nell’acquisizione dei dati.
La seconda violazione sanzionata dall’Antitrust è quella che vede le due aziende responsabili di adottare una politica aggressiva nell’acquisizione dei dati sensibili degli utenti. In particolare Google nella fase di creazione dell’account pre-imposta il consenso da parte dell’utente al trasferimento e all’utilizzo dei propri dati. Questa procedura consente a Google di usare i dati, una volta generati, senza doverne chiedere attraverso ulteriori passaggi di volta in volta l’autorizzazione. Per quanto attiene Apple, secondo l’Antitrust, la modalità di acquisizione del consenso predisposte non consentirebbero una scelta preventiva ed espressa da parte del consumatore sulla condivisione dei dati. Il sistema finirebbe indebitamente per concedere in automatico a Apple la possibilità di utilizzare i dati per finalità commerciali senza che il consumatore possa esprimere la propria adesione.
In entrambi i casi, almeno secondo l’Autorità il consumatore finisce per essere vittima di una vera e propria imposizione, restando poco informato sulle implicazioni di un consenso inconsapevolmente prestato e con ciò contribuendo ad originare un sistema attraverso il quale i due colossi mondiali finiscono per prosperare e per mettere a frutto proprio le migliaia di dati acquisiti che per la loro attività rappresentano una miniera d’oro.
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