È finito in manette Moussa Sangare, il 31enne italiano di origini africane accusato dell’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione della 33enne Sharon Verzeni, uccisa in una traversa di via Castegnate a Terno d’Isola (in provincia di Bergamo) nella notte tra il 29 e il 30 luglio. L’uomo ha ammesso di aver ucciso la donna e ha fatto ritrovare l’arma. L’ha accoltellata 4 volte. Ha seppellito l’arma del delitto sulle rive del fiume Adda e lanciato vestiti e scarpe usate per compiere l’omicidio in un sacco di plastica dentro l’acqua. È durata 30 giorni la fuga del killer, fermato alle 4.30 del mattino di venerdì dalle forze dell’ordine su disposizione del pm, Emanuele Marchisio. Lo hanno fermato a Chignolo d’Isola, per strada. Dopo un interrogatorio durato ore nella notte in caserma, assistito dall’avvocato Giacomo Maj, ha confessato. Ora si trova in carcere a Bergamo. Per i pm potrebbe commettere altri reati, fuggire o occultare le prove. “Mi pare evidente che possa reiterare questa condotta nei confronti di altri se lasciato libero. La prima coltellata l’ha data al torace”, ha detto la procuratrice aggiunta Maria Cristina Rota nel corso della conferenza stampa in procura a Bergamo. Lunedì dovrà comparire davanti al gip per l’interrogatorio di convalida. Sarebbe Sangare l’uomo a cui per un mese i carabinieri della stazione di Calusco d’Adda, Nucleo investigativo, Ris di Parma e Ros hanno provato a dare un nome e un volto partendo da un fotogramma: la figura ripresa dalle telecamere di sorveglianza mentre pedala veloce, su una bicicletta in contromano, lasciando la scena del delitto. A rendere possibile l’identificazione l’analisi di decine di telecamere con cui stato ricostruito “l’intero percorso” e due testimoni stranieri che si sono presentati spontaneamente agli investigatori.
Il 31enne non conosceva Sharon – ha spiegato in conferenza stampa la procuratrice di Bergamo facente funzioni, Maria Cristina Rota – non si erano mai visti. Quella sera non avrebbe assunto né droghe né alcol ma è uscito di casa armato di 4 coltelli estratti da un ceppo da cucina con “l’obiettivo di colpire”. Lungo la strada li ha puntati contro due ragazzi di 15 e 16 anni – ancora non identificati – a cui la Procura rivolge un appello: venite in caserma a raccontare cosa è successo. Poi ha scelto “come vittima” l’ex estetista, in procinto di sposarsi con il fidanzato Sergio Ruocco. “Sentivo l’impulso di accoltellare” ha detto Sangare ai pm. “Posto sbagliato, momento sbagliato” le parole della procuratrice che ha chiarito: nessun movente dietro l’omicidio. “La vittima poteva essere Verzeni come chiunque di noi”. Il presunto killer, orfano di padre, è incensurato e sconosciuto a qualunque servizio psichiatrico. “Voleva fare il cantante, aveva fatto il provino a X Factor” racconta un 22enne che lo conosce. La vetta della sua carriera artistica raggiunta con il brano ‘Scusa’ (15 milioni di visualizzazioni su Youtube), collaborazione di Moussa Sangare con il rapper Izi, pseudonimo di Diego Germini. “Tipo tranquillo, sempre sulle sue”, dicono i ragazzi di Suisio, piccolo comune della Bergamasca, dove il 31enne abitava al primo piano di un condominio, con madre e sorella al piano superiore, prima di essere denunciato da loro per maltrattamenti. Avrebbe puntato un coltello alla schiena della sorella. Le indagini erano già state concluse e a breve avrebbe affrontato il processo. Dopo la denuncia sarebbe andato a vivere in una casa occupata, dove gli inquirenti hanno trovato 3 biciclette di cui una identificata come quella dei video. “Due giorni dopo l’omicidio abbiamo fatto una grigliata insieme, con altri amici. Era un ragazzo tranquillo, amici da quando eravamo piccoli”, dice un ex compagno di scuola del reo confesso. Gli amici raccontano come dopo un viaggio negli Stati Uniti fosse cambiato. “Era una persona buona, era stato in Inghilterra e negli Stati Uniti poi era tornato ma cambiato, diceva che vedeva auree, energie. Per noi è difficile da credere, immaginiamo sia stato un raptus. Voleva sfondare con il canto, per vivere faceva lavori saltuari come in pizzeria”. Pochi i tasselli mancanti alla vicenda: il mistero dell’arma – negli ultimi tre giorni cercata in 350 tombini della zona – è stato risolto durante la confessione, quando Sangare ha indicato il luogo sulle rive dell’Adda, nella zona di Medolano, in cui ha sepolto il coltello. La lama è ritenuta compatibile con le ferite rilevate dal medico legale sul corpo di Sharon Verzeni. I sommozzatori dei vigili del fuoco di Treviglio, al lavoro per tutta la giornata, hanno ritrovato il sacco contenente i vestiti di quella sera.
“A un mese dalla morte di Verzeni, segnato dalla pressione mediatica sul fidanzato e la famiglia, la notizia dell’arresto mi ha dato un po’ di sollievo, perché cancella tutte le insinuazioni dette su di noi” dichiara Sergio Ruocco, fuori dall’abitazione di Bottanuco della famiglia di Sharon che in queste settimane lo ha ospitato. “La mia vita è cambiata per sempre, nulla mi potrà ridare Sharon e i bei momenti passati insieme”. La famiglia della 33enne parla di sollievo perché l’arresto “spazza via tutte le speculazioni che sono state fatte sulla vita di Sharon e di Sergio”, dice il padre della vittima, Bruno Verzeni. I parenti chiedono ora di essere lasciati in pace e affidano a una nota le loro parole. “L’assurda e violenta morte di Sharon non sia vana e provochi una maggiore sensibilità in tutti al tema della sicurezza del nostro vivere”, le parole della famiglia.