Ciclista ucciso a Milano: non incidente ma omicidio premeditato

Pierluigi Perretta
Fabio Ravasio

Le indagini dei carabinieri della compagnia di Legnano hanno stabilito che non fu un incidente, ma un omicidio premeditato quello di Fabio Ravasio, il ciclista di 52 anni che lo scorso 9 agosto è stato travolto e ucciso a Parabiago, nel Milanese, da un’auto che si è poi data alla fuga. È quanto emerso dagli approfondimenti degli inquirenti che hanno eseguito nei confronti di sei persone un decreto di fermo, emesso dalla procura di Busto Arsizio, per il reato di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione. Ravasio, originario di Milano e residente a Parabiago, percorreva in sella a una Mountain Bike via Vela verso Casorezzo, quando attorno alle 19.50 del 9 agosto un’auto che proveniva dalla direzione opposta ha invaso la sua corsia di marcia e l’ha investito frontalmente, per poi fuggire. I testimoni – ricostruisce una nota diffusa dai carabinieri – avevano parlato di un’auto di colore nero, che sbattendo contro il guard rail aveva subito alcune ammaccature alla carrozzeria e danni al sistema di illuminazione e dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza stradale era emerso che la targa del veicolo era contraffatta. Attraverso una ricerca delle targhe associabili al mezzo, gli investigatori avevano poi scoperto che l’auto era intestata a una persona che conosceva la vittima.

Così le indagini su quello che apparentemente sembrava un omicidio stradale hanno cambiato direzione, concentrandosi sul proprietario del mezzo e sulle persone a lui più legate. Convocati in procura, i sei da ieri sera hanno reso – fa sapere la nota – una “ampia confessione, illustrando le responsabilità proprie e altrui nell’ideazione, organizzazione ed esecuzione dell’omicidio” e fornito informazioni sull’auto che ha travolto il ciclista, ritrovata nascosta nell’autorimessa dell’abitazione di uno di loro. I sei fermati sono stati portati nel carcere di Busto Arsizio. Tra i fermati anche la compagna sudamericana della vittima, Adilma Pereira Carneiro, 49 anni, dalla quale ha avuto due figli. Il movente del delitto, secondo gli inquirenti, sarebbe legato a “finalità patrimoniali” derivanti dalla morte del Ravasio. Secondo fonti giudiziarie, sarebbe stata proprio lei, insieme a cinque suoi familiari, a ordire il piano in cui ognuno dei complici ha ricoperto un ruolo preciso, con l’obiettivo ultimo di impossessarsi dei beni intestati alla vittima. Nei giorni successivi all’“incidente” sempre la donna aveva rivolto un appello pubblico agli investigatori affinché trovassero chi aveva ucciso il compagno.

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