Tragedia sul muro di cinta del carcere Ucciardone di Palermo: un agente della polizia penitenziaria si è tolto la vita, sparandosi un colpo di pistola alla testa con la pistola d’ordinanza sul muro mentre era di guardia sul perimetro del carcere palermitano. Lo hanno trovato senza vita i colleghi al cambio del turno di sentinella nella garitta. I colleghi hanno provato a prestare le prime cure e hanno immediatamente chiamato i soccorsi, ma le condizioni dell’agente ferito sono apparse subito disperate. La tragedia si è verificata attorno alle 13:00 di venerdì 2 agosto. La procura di Palermo ha avviato un’indagine. Si tratta del settimo suicidio fra le guardie carcerarie in Italia nel 2024. Fra i detenuti i suicidi sono invece 61 dall’inizio dell’anno.
“In questo momento di dolore – dicono Mimmo Nicotra, presidente della confederazione sindacati penitenziari e Gennarino De Fazio segretario generale Uilpa – il suo profondo rammarico per l’incidente, sottolineando come questi tragici eventi sollevino dubbi su sé le situazioni personali e familiari o lo stress a cui sono sottoposti i poliziotti penitenziari possono contribuire a tali fatti. In questo momento di dolore, i nostri pensieri vanno a tutti coloro che sono stati colpiti da questa perdita. Sappiamo bene che a provocare un gesto estremo come il suicidio contribuisce una serie di concause, ma ciò che si sta verificando con un’incidenza senza precedenti non può non derivare direttamente anche da ragioni connesse al lavoro prestato. Per questo per noi si tratta di morti in servizio e per servizio”. Il sindacalista invoca l’intervento dell’esecutivo e denuncia come le carceri italiane ospitino “oltre 14.500 detenuti in più rispetto ai posti disponibili, con 18.000 unità di Polizia penitenziaria in meno rispetto al fabbisogno”. Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale denuncia un sovraffollamento del 130% nelle celle italiane. “I poliziotti penitenziari sono abbandonati a loro stessi, mentre invece avrebbero bisogno di aiuto e sostegno”, accusa Donato Capece, segretario generale del Sappe. “Il fenomeno dei suicidi è in crescita in tutti i corpi di polizia, ma tra noi di più. Dietro ogni morte c’è un mix di fattori, ma c’entra di sicuro lo stress correlato”, aggiunge. “La vita dentro gli istituti è diventata infernale per noi come per i detenuti. Manca il personale, i turni sono massacranti. Le liti e le aggressioni, continue. E così c’è la fuga. Molti colleghi, appena possono, vanno via; pochissimi aspettano di maturare il massimo della pensione. I giovani sperano di passare subito in altri corpi di polizia. C’è una demotivazione generale”, conclude Capece.